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Fallout: l’apocalisse in TV e l’ascesa dei videogiochi come prodotti culturali

La recente serie di Amazon, Fallout, tratta dall’omonima e celebre serie di videogiochi, amatissima da queste parti e seguita fin dai primi episodi dei tardi anni 90, segna un’evoluzione significativa nella trasposizione di universi ludici in formati narrativi tradizionali come la televisione, di cui abbiamo già più volte parlato nelle pagine in inglese di questo blog. Questa trasformazione non è soltanto un trasferimento di medium, ma un riflesso della cultura convergente, dove diverse forme di media si fondono e interagiscono, creando nuovi spazi per racconti e interpretazioni.

La serie TV Fallout: una finestra su un mondo post-apocalittico

Per chi non conoscesse il videogioco originario (male!), la serie Fallout ci immerge in un mondo post-apocalittico dove la cultura consumista / benpensante degli USA anni ’50 si scontra con le realtà di un futuro devastato da una guerra nucleare. Come nei vari episodi videoludici, la serie non si limita a raccontare una semplice storia di sopravvivenza, ma esplora temi complessi come la moralità, il potere, e l’identità attraverso le vicende di personaggi intricati e un mondo ricco di dettagli. Il passaggio dal gioco alla serie televisiva mantiene gran parte di queste sfumature, dimostrando una maturazione del videogioco come forma di narrazione complessa e arricchita.

Videogiochi: da intrattenimento a pilastri della cultura narrativa

Il passaggio di Fallout dal formato di gioco a quello seriale è emblematico del ruolo crescente che i videogiochi stanno assumendo nella cultura popolare e narrativa. Non più confinati al ruolo di “semplici passatempi” (qui del resto non lo sono mai stati…), i videogiochi sono diventati una forma influente di media storytelling, capaci di costruire mondi estesi e coinvolgere il pubblico in narrazioni profonde. Abbiamo già ricordato che Henry Jenkins, nei suoi studi sulle culture convergenti, evidenzia come i media moderni si fondano e influenzano reciprocamente, creando piattaforme narrative che incorporano diverse forme espressive.

In Fallout, l’adozione di narrazioni non lineari, tipiche dei giochi, si riflette nella struttura episodica della serie, arricchendo l’esperienza dello spettatore e permettendo un’esplorazione dettagliata del mondo post-apocalittico, anche senza le scelte e la libertà di movimento in uno spazio open-world proprie del videogioco. Tutto questo rende la serie non solo e non tanto un racconto di sopravvivenza, ma un esame profondo delle dinamiche di potere, distruzione e ricostruzione che continuamente si presentano nella storia umana, attraverso un dialogo tra formati che espande il nostro modo di concepire e raccontare storie… per ripeterci, come fa il gioco fin dal primo episodio: War? War never changes.

Implicazioni culturali e sociali

La serie Fallout rappresenta un interessante caso di studio sulla cultura convergente. Qui non solo si adatta una storia da un medium all’altro, ma si trasporta anche un’intera estetica – e insieme, un’etica – che definiscono l’esperienza del gioco originale. Questo processo di adattamento ovviamente non ha mancato di sollevare questioni pertinenti sull’autenticità e sull’integrità artistica, e su come le storie vengano modellate e percepite in differenti contesti culturali e formativi… e questo è solo l’inizio, crediamo, data la enorme quantità di storie che potranno avere lo stesso tipo di trattamento.

L’adattamento di Fallout su Amazon Prime in fondo è un efficace esempio di come i videogiochi stiano ridefinendo le frontiere della narrazione e dell’immaginario collettivo. Con l’avvento di serie televisive basate su videogiochi, paradossalmente (per qualcuno 😀 ) potremmo vedere un arricchimento del panorama culturale, in cui la narrazione interattiva dei giochi si fonde con le tecniche narrative del cinema e della televisione per creare esperienze immersive e significative.

Nel considerare Fallout, oggi più che mai non vediamo solo una serie tv o una lista di (bellissimi) videogiochi, ma un ponte tra mondi, un dialogo tra formati che continua a espandere il nostro modo di concepire e raccontare storie dentro il grande contenitore (o come lo chiamano quelli bravi, il franchise) che con il suo immancabile copyright collega e amalgama tutti questi contenuti.

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