Netflix e Minecraft, una (vecchia) novità in tv
Da qualche settimana è apparso nel catalogo per bambini di Netflix il titolo Minecraft: story mode, un gioco presentato come una serie tv: una stranezza su cui val la pena indagare un po’.
Netflix e Minecraft si sono incontrati grazie a questo gioco originariamente sviluppato da Telltale Games, società famosa per titoli di grande successo che uniscono videogiochi e storytelling… e però fallita da poco, con una coda di riflessioni e ragionamenti amari sulle condizioni di lavoro anche tra gli sviluppatori di videogiochi – del resto non dovrebbe essere questa grande sorpresa: è il capitalismo, baby.
A quanto pare una mini task-force di sviluppatori è comunque rimasta al lavoro per completare questa serie, ma non sappiamo se ne seguirà una seconda, o se Netflix e Minecraft (ossia Mojang, ossia Microsoft, ora proprietaria del gioco…) svilupperanno insieme le prossime edizioni, o che altro.
In ogni caso la nuova serie/gioco Minecraft: story Mode su Netflix introduce anche al grande pubblico del colosso mondiale dello streaming il concetto dello streaming di videogiochi. Infatti è possibile interagire con la narrazione del cartone animato, modificandola nei momenti cruciali, attraverso scelte che si possono effettuare semplicemente usando i tasti del telecomando, così come nella versione “gioco” e app si può fare con il controller.
Delle meccaniche di gioco così rudimentali hanno per forza di cose limitato la possibilità di reale interazione con la storia – ma tutto sommato la presa sul pubblico di riferimento, che continua ad essere quello di bambine e bambini in età da scuola primaria o al massimo inizio delle medie, c’è ed è efficace, anche se ovviamente non paragonabile ad una esperienza di videogioco “vero”. La storia comunque cambia, gli episodi successivi riflettono le scelte dei precedenti e c’è quindi la possibilità di costruire narrazioni via via diverse tornando a fare scelte differenti negli stessi punti.
Se ci fermiamo un momento a riflettere, ci stiamo dunque dicendo che è stato realizzato un prodotto di narrazione (anche) televisivo che è la pallida copia dell’esperienza d’uso di un videogioco, e anche solo per questo però riesce comunque ad essere interessante… gente, ce n’è abbastanza per farci sopra un sacco di ragionamenti, ma prima facciamo una visita guidata per capire meglio di cosa sto parlando.
Il gioco inizia in modo classico: è possibile personalizzare il personaggio Jessie sia in versione maschile che femminile, ma ad esempio non modificarne l’aspetto, non dico cambiandone l’abito come farebbero i giocatori più accaniti, ma nemmeno potendo variare il colore della pelle, cosa che renderebbe l’esperienza di gioco sicuramente più inclusiva e vicina a tantissimi giocatori di un prodotto così globale, diffuso in tutto il mondo.
Netflix e Minecraft insieme generano grande aspettativa: nel catalogo della piattaforma di streaming, la serie si presenta come un normale titolo a cartoni animati, con i suoi vari episodi e gli ultimi in coda evidenziati con il bollino rosso news. Nell’immagine che promuove la serie, c’è però in alto a destra una bandierina rossa con il disegno di un controller.
Avevo sperato che fosse davvero possibile utilizzare un controller per interagire, aprendo ad una quantità di azioni e quindi di interazioni più interessante. L’uso del semplice comando invece, almeno finora dopo due ore di sperimentazione fatta a fianco a fianco con mio figlio, gli ha permesso solo scelte tra due opzioni (in caso di dialogo e di decisioni da prendere) e tra quattro opzioni (in caso di persone da seguire o spazi da esplorare). Lui è comunque molto colpito da questa idea di farsi il cartone animato come vuole – e vorrei partire proprio da qui con qualche riflessione.
C’è da dire anche che queste interazioni, seppur semplici, aumentano di frequenza nei momenti salienti dello sviluppo narrativo, e che soprattutto questo sviluppo c’è ed è ben curato: la storia è avvincente, non soltanto un pretesto per far schiacciare tasti di telecomando e interagire con personaggi del famoso videogioco eccetera eccetera.
A chi ha qualche anno, questo tipo di narrazione interattiva non dovrebbe sembrare poi questa novità: in sostanza è una versione appena più tecnologica dell’interazione dei libri game che avevano avuto un certo successo in Italia a fine anni 80… e dietro a tutto ovviamente c’è la narrazione interattiva per eccellenza, quella inventata e sviluppata da Dungeons and Dragons e da tutti i giochi di ruolo che hanno preso ispirazione da questo cruciale e leggendario sistema.
Certo che il paragone tra questa novità di Netflix e Minecraft, e l’antesignano di tutti i giochi di ruolo e di storytelling interattivo è abbastanza impietoso, e lascia ampio spazio per sognare e sperare che altre realizzazioni di narrazioni interattive come queste, possano essere più ricche, più avvincenti, più coinvolgenti… però una strada è stata aperta e la televisione, con tutte le sue limitazioni, dimostra di avere moltissimo da guadagnare da una ibridazione anche molto superficiale e leggera con il mondo dei videogiochi.
In piena trance da Convergence Culture (…come non l’avete letto? Leggetevi intanto la prefazione di Wu Ming all’edizione italiana… e poi correte a prendere il libro e lasciate perdere i blog… 😉 ) uno potrebbe già cominciare a pensare a serie d cartoni più standard che però leggono da internet le scelte compiute nelle versioni più interattive, e adattano la narrazione per rispettarle, e magari versioni del videogioco che dialogano con i profili degli utenti per leggersi queste stesse scelte, e poi propongono avventure e narrazioni che le riprendono, le ampliano, le motivano…
non la vedo come fantascienza, succede già normalmente in molti videogiochi vecchi di anni (pensate a Mass Effect…) – la vedo come una innovazione possibile che, se dimostrerà di avere almeno un minimo di successo commerciale e cioè di interesse da parte del pubblico, a partire da quello dei bambini, potrebbe portare una nuova ventata di innovazione in un settore come quello della televisione per bambini e ragazzi che mediamente è fossilizzato, e per di più su standard e proposte vecchie e solitamente pessime.
Come sempre staremo a vedere… Adesso vado, che devo vedere dove è arrivato Martino con la storia che sta costruendo 😉