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Imparare a programmare… from Scratch

La faccia ce la mette il leggendario MIT di Boston, e dovrebbe bastare. L’idea è fantastica, nella sua semplicità: una piattaforma pensata per bambini e ragazzini, che permette in maniera intuitiva di mettere in fila istruzioni per programmare dei software. Il tutto, come nella migliore delle tradizioni della rete, gratuito e liberamente accessibile, e costruito per favorire e sviluppare la condivisione. Si chiama Scratch.

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Per i tennici, si tratta di un ambiente costruito in Flash (e questo è il suo vero e unico punto debole, direi…) con uno sfondo su cui inserire degli sprite a cui assegnare una serie di comportamenti, anche interattivi, con un set di controlli e di primitive abbastanza ampio: siamo alle basi della programmazione dei giochi anni 80, insomma, e il tocco un po’ vintage non guasta affatto per i miei gusti.

Scratch non è un vero linguaggio di programmazione, nè un linguaggio di programmazione per bambini – non è Logo, per dire – le istruzioni sono semplici frasi in lingua (40 lingue disponibili, compreso l’italiano: incredibile? no, potenza della collaborazione alle traduzioni…) e la vera grande potenzialità è quella di costringere ad analizzare e schematizzare situazioni e passaggi. Insomma è il lavoro da fare prima di scrivere i software, in qualunque linguaggio di programmazione si decida di farlo. Ma è anche il lavoro da fare prima di fare un progetto, un piano (non a caso, sono tutti sinonimi di programma…)

La buonanima di Steve Jobs, nella famosa Lost Interview diceva: I think everyone should learn how to program a computer, because it teaches you how to think. I view computer science as a liberal art, something everyone should learn to do. Non potrei essere più d’accordo con lui, soprattutto nel finale. A 15 anni imparavo il C insieme al greco antico, e non mi sono mai sembrati antitetici. Ed ecco qua, oggi posso scrivere di Scratch usando la parola “antitetici” :D

A parte gli scherzi, il coding è una cosa troppo importante oggi per non metterci le mani fin da piccoli, e se non ci metti le mani sei costretto poi a digerire scelte prese altrove, che decidono per te cosa puoi o non puoi fare con gli strumenti che ti compri coi soldi tuoi. Sui quali strumenti, e sulla loro obsolescenza programmata dai costruttori e debellata dagli hacker (basti pensare agli smartphones…), ci sarebbe poi da fare un altro discorso, e prima o poi lo faremo. Ma intanto restiamo su Scratch.

Qual è l’idea dunque? Corsi di Scratch, esperimenti didattici con Scratch in classe o fuori, a scuola o nel dopo-scuola – per me, anche in mezzo al prato, per dire, visto che il wi-fi finalmente comincia a diffondersi come avrebbe dovuto fare 10 anni fa, se la solita paura cieca di un qualche “altrui” (naturalmente sempre nemico e terrorista…) che governa questo Paese da trent’anni almeno, cambiando bandierina all’occorrenza, non avesse ammazzato nella culla quel po’ di sviluppo in quel senso che stavamo avendo.

Se ne comincerà a ragionare da Settembre, ma non è solo una sparata. Stavolta lo voglio fare, per davvero. Ci sono modelli, idee, esperienza accumulata da cui trarre esempi. E ci sono le tante rigidità e indisponibilità del mondo scolastico, che ben conosciamo e che sicuramente saranno la parte più difficile da trattare – ma ci potranno aiutare gli insegnanti veri, quelli che ancora nella scuola ci sono e che hanno presente qual è il loro compito.

In ogni caso partirei da fuori dalla scuola, così per farci le ossa. Anche solo con eventi singoli, nello stile dei CoderDojo. E poi vediamo, se interessa a qualcuno o se toccherà a noi farci sentire e proporci. Cominciamo a far girare questa voce: vi interessa l’idea? Ci stareste? Ci mandereste i figli, a una cosa così?

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